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La tecnologia corre e leggi, mercato ed economia tradizionale provano a starle dietro. Quello che sta succedendo in queste ore a Milano, con lo sciopero dei tassisti contro l’applicazione Uber e i disordini verificatisi al Wired Next Fest prima di un tentativo di dialogo con il Comune e la società americana sostenuta da Google, è la dimostrazione di come il fiato spesso diventi corto. Cortissimo. Altra realtà innovativa punzecchiata nel fine settimana appena concluso è Sardex, la startup nostrana che permette alle aziende di muoversi all’interno di un circuito di credito per scambiarsi beni e servizi (ne avevamo parlato qui).

Il quotidiano La Repubblica si è soffermato domenica sui presunti rischi della soluzione: i servizi segreti sono preoccupati che presti il fianco a evasione ed elusione fiscale. Gianluca Dettori, amministratore dell’azienda, ha reagito al contenuto dell’articolo con questo post. SmartMoney ha contattato il co-fondatore di Sardex Carlo Mancosu per fare un po’ di chiarezza.

La differenza fra Sardex e Bitcoin: i due servizi, erroneamente accomunati sotto il cappello del termine “criptomoneta”, sono molto diversi. Spiega Mancous: “Bitcoin è un sistema decentralizzato, non ha un’autorità centrale di controllo ed è vendibile sul mercato. Sardex è solo un’unità di conto che serve a misurare debiti e crediti”. “Ogni impresa iscritta al circuito”, prosegue,  “ha un conto denominato in Crediti Sardex intestato alla propria ragione sociale e legato alla propria partita Iva, quindi quanto di meno “cripto” vi possa essere”.  “Ogni transazione deve essere accompagnata da regolare fattura denominata in euro, in cui devono essere riportati l’imponibile e l’Iva. La fattura si differenzia da quelle riferite a transazioni effettuate in moneta corrente solo nell’indicazione delle modalità di pagamento”, aggiunge chiarendo come gli scambi siano assolutamente trasparenti e tracciabili.

Il contributo all’economia locale: in Sardegna, dove il circuito è partito sono stati creati dal 2010 40 posti di lavori, 20 dei quali a tempo indeterminato. Nelle altre regioni – si stanno attivando in queste settimane Piemonte, Emilia Romanga, Marche, Abruzzo, Lazio e Sannio (tra Campania, Molise e Abruzzo) – si stanno “aprendo decine di posizioni”, spiega Mancous. Nel 2014, tornando alla Sardegna, 2mila imprese stanno spostando beni e servizi per un valore che toccherà i 36 milioni di euro. “Le decine di milioni di crediti transati in Sardex non hanno di certo rappresentato una diminuzione delle entrate fiscali. Al contrario, hanno costituito in gran parte un incremento delle stesse, anche tenuto conto del fatto che, per la maggior parte, si tratta di transazioni aggiuntive che non si sarebbero mai potute realizzare senza l’esistenza del sistema”, tiene a sottolineare Mancosu.

Le normative: Sardex agisce nella piena legalità facendo riferimento “alla normativa europea sugli istituti di pagamento, che consente l’attivazione di sistemi chiusi in un perimetro ben delimitato, e all’articolo 15/52 del Codice civile relativo alla permuta”. Mancosu spiega inoltre come Banca d’Italia e Agenzia delle Entrate si siano interessati alla questione e abbiano verificato l’assenza di irregolarità di qualsiasi genere. “L’Unione europea ha finanziato più di un progetto legato alle valute regionali”, aggiunge, “Sardex è capofila per l’Italia in uno di questi progetti, denominato Digipay4growth, che vede la partecipazione di 6 nazioni e decine di partner pubblici e privati”.