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Mentre tutti celebrano e commentano l’acquisizione miliardaria di Whatsapp da parte di Facebook, quasi in silenzio BBVA, il secondo gruppo bancario spagnolo ha annunciato l’acquisizione di Simple, neo nata digital bank in Usa per 117 mlilioni di dollari cash. Sembra quasi poca cosa a confronto dei 19 miliardi di Zuckerberg per  Whatsapp ma non lo è.

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Innanzitutto se semplicemente si compara il costo di acquisto per cliente delle due operazioni si scopre che Facebook ha fatto un affare. Simple dichiara di avere 100mila clienti, l’anno scorso ne aveva circa 40mila. Quindi BBVA ha speso un costo a cliente pari oltre il doppio di un business già globale, con una customer base di 450 milioni di clienti e che cresce di un milione al giorno. Non è tutto, Simple non è neanche una banca in realtà. Non ha la licenzia bancaria. Opera grazie ad un accordo con Bancorp Banked è stata commercialmente lanciata solo nell’estate del 2012.

E quindi? Che sta succedendo? Come può essere?

Succede che il settore bancario, finanziario, retail sta entrando nella sua seconda fase di digital disruption, che inizia a interessare il core business, il banking, dopo aver preso piede nel mondo dei pagamenti elettronici dove si sta sviluppando con forza. (PayPal è del 1999, Square del 2009). Per dichiarazione stessa dei suoi fondatori Alex Payne, Jousha Reich e Shamir Karkal, Simple nasce per rivoluzionare il modo di fare banca. Il punto di riferimento era eBay, ossia un marketplace  elettronico tra persone, semplice, sociale, e che fa un uso intelligente, e consentito, delle informazioni generate dalla piattaforma. “The bank can cut through all the crap”, “make bank simpler” è la mission. E così, zero filiali, piattaforma online e app mobile, un servizio clienti via telefono di primo ordine, pricing low cost, anzi di fatto zero cost, ma soprattutto funzioni basic pensate per dare valore aggiunto ai clienti attraverso l’uso dei dati delle transazioni stesse, la capacità analitica.

Muore l’estratto conto, freddo, spesso non chiaro, un report formale più che altro, nasce “Goal and safe spend”, una funzione di personal financial management  (PFM) che ti fa capire come stai spendendo i tuoi soldi in maniera semplice, che puoi personalizzare. intuitiva, con una funzione aggiuntiva di target di risparmio e di previsione della spesa. Il PFM è semplice ma molto evoluto, con la funzione “External Accounts” che aggrega i dati e li elabora. Ci sono poi “gli interactive report”, la mobile live chat con il servizio clienti, c’è il one click send money tra i clienti, il “photo check deposit”, per depositare gli assegni basta una foto (a proposito ma quando in Italia avremo una normativa in materia che lo renderà possibile? Noi stiamo aspettando…)

Adesso abbiamo capito, Simple è una Internet company, una technology driven company, che fa del software e della sua indiscussa customer orientation i suoi punti di forza, e che ha deciso di giocare nel banking. BBVA, come ogni grande banca con un business consolidato, ha capito che ha bisogno di nuova linfa, di nuova tecnologia, nuovi talenti, nuovi modi di vedere  e fare le cose, partnedo da una prospettiva diversa, legacy-free.

Sorge spontanea la prossima domanda: Inizierà il risiko delle startup fin-tech?

Non c’è solo Simple, solo negli Usa ci sono Moven, GoBank, DwollaMint, che partono dallo stesso principio e operano già con iniziale successo e apprezzamento. E ce ne sono tante in giro per il mondo. Anche qui in Europa.Anche da noi. La risposta è si, ci sarà molto probabilmente. C’è però un punto molto importante da chiarire e che differenzia il digital banking dalle altre digital disruption e anche dal digital payment che è già più avanti. Fare banking è più complesso, è iper-regolamentato, la sicurezza di dati e transazioni è fondamentale, ci sono i nostri soldi smaterializzati in gioco, è tutta questione di fiducia, non si scherza con il fuoco. E ci sono i capital requirements, le soglie e i criteri di patrimonializzazione, i Basilea, Le Mifid, etc etc.

Insomma, è un gioco complesso, per grandi.

Simple lo dimostra, non è ancora neanche una banca e comunque aveva già ricevuto in tre anni 18 milioni di dollari di funding. Era arrivata a un punto critico, a una soglia dimensionale e di piattaforma in cui si doveva decidere cosa fare da grandi. Hanno deciso. Vendono e restano. Per guidare la fase due. Per BBVA, così come per ogni grande banca con una sua storia alle spalle, c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare. Il brand. La stragrande maggioranza dei brand bancari ha una  brutta reputazione. Incapaci di valorizzare agli occhi dei clienti il benefit della sicurezza, le banche retail un po’ dappertutto hanno massacrato la loro immagine con pricing quanto meno opachi (e molto spesso non giustificati) e customer experience pessime, ci sono decenni di zero customer orientation alle loro spalle….

Forse allora è meglio lanciare una digital bank con un altro nome, immacolato, su cui costruire, e farla crescere nel tempo, in parallelo, sfruttando le sinergie di costo e di piattaforme. L’opzione strategica c’è tutta. In Italia ci sono casi recenti. Oppure la si compra, o si compra una base su cui partire. Questa è un po’ la lezione, ci sarà una forte digital disruption nel banking, certamente, ma bisogna vedere chi venderà e chi proverà ad andare con le proprie gambe… Semplice no?